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"Il pensiero procede, associa, passa da un livello a un altro e tutti li trascina con la sua forza di gravità" diceva Giuseppe Sinopoli parlando della musica di Wagner. Nelle interpretazioni del maestro veneziano il prediletto compositore tedesco è agli antipodi di ogni visione eroica, titanista; appare invece come il più lucido narratore di un mondo europeo che sta iniziando a perdere la speranza e l'utopia, "senza le quali non si può vivere". Ma Wagner è anche l'anticipatore di Freud, l'indagatore dell'inconscio, l'artista che non rimuove. Un grande mitografo, riprendendo in questo l'indicazione di Thomas Mann. E come metterlo in scena, come rappresentare senza tradire la complessità della sua musica? Giuseppe Sinopoli, nato a Venezia nel 1946, cominciò a interessarsi di musica all'età di 12 anni. Debuttò in qualità di direttore d'orchestra con la Deutsche Oper di Berlino, dirigendovi il Machbeth di Verdi nel 1980. Nel 1983 successe a Riccardo Muti nella direzione della New Philarmonia di Londra. Il suo debutto a La Scala risale al 1994, anno in cui vi diresse l'Elektra di Richard Strauss. Dal 1990 era il principale direttore della Deutsche Oper di Berlino e, dal 1992, della Staatskappelle di Dresda.